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Chirurgia dell'acetabolo

Aggiornamento: 24 feb 2020


Cenni Anatomici


L’anca è una tra le articolazioni più grandi del corpo. Viene definita “enartrosi”, per indicare un’articolazione nella quale una sfera (la testa del femore) ruota all’interno di una coppa posizionata nella pelvi, chiamata “acetabolo”

L’articolazione dell’anca, come le altre articolazioni, è inoltre composta da numerosi elementi, che rifiniscono e stabilizzano la struttura. La testa del femore ruota liberamente, all’interno della liscia e concentrica superficie dell’acetabolo. Infatti una struttura perfettamente liscia e senza attrito, la cartilagine ialina, ricopre la superficie di entrambi i capi articolari.

Le fratture acetabolari sono generalmente causate da incidenti automobilistici, cadute dall’alto, con traumi ad elevata energia. Nei pazienti anziani le fratture di acetabolo possono verificarsi anche per traumi di minore entità.


Le fratture acetabolari


Le fratture acetabolari interrompono la liscia superficie e la perfetta congruenza dell’articolazione dell’anca. Se la frattura consolida lasciando spazi, o scalini articolari, si verificheranno gravi abrasioni, sino la completa distruzione della cartilagine articolare. La conseguenza? Rapido e grave sviluppo di artrosi. Quindi dolore ingravescente durante la deambulazione, progressiva limitazione del movimento, capacità funzionali limitate e riduzione della qualità di vita.

Le fratture acetabolari causano sanguinamenti interni dall’osso fratturato, e lesioni dei tessuti circostanti la frattura. In alcuni casi possono essere interessati vasi, causando sanguinamenti maggiori. Possono essere presenti lesioni di organi interni, come l’intestino o la vescica. I nervi che danno sensibilità e forza muscolare alla gamba, o che controllano gli sfinteri, la vescica e le funzioni sessuali possono subire gravi danni.


Trattamento conservativo

È il trattamento tradizionale, e prevede riposo a letto e, in alcuni casi, la trazione scheletrica. Recenti studi indicano che è il trattamento di scelta per una minoranza di fratture (7% circa). La trazione può prevenire ulteriori episodi di lussazioni o scomposizioni, ma non è in grado di ridurre accuratamente le fratture acetabolari. Può portare a atrofia muscolare e rigidità articolare, oltre ad essere associata ad un elevato rischio di artrosi post-traumatica.


Trattamento chirurgico

Per ottenere i migliori risultati possibili nella maggior parte dei pazienti è necessaria la chirurgia. La chirurgia preserva l’articolazione dell’anca, con una accurata ricostruzione della superficie acetabolare. La ricostruzione ripristina la congruenza articolare e le superfici di scorrimento dell’osso fratturato. Nella maggioranza dei pazienti viene salvaguardata l’articolazione, minimizzando i rischi di artrosi post-traumatica.


Periodo pre-operatorio

Prima dell’intervento il paziente esegue esami preoperatori, che serviranno al chirurgo, ai medici ed agli anestesisti per valutare la sua condizione. Tra questi un elettrocardiogramma, esami di sangue, accurata anamnesi ed esame obiettivo, per evidenziare problematiche preesistenti o passate. Vengono effettuati inoltre esami radiografici ed una TC del bacino. Con sofisticati software vengono effettuate ricostruzioni multiplanari e tridimensionali della frattura. Questi esami permettono al chirurgo di comprendere la tipologia di frattura, il grado di scomposizione, pianificare l’intervento e scegliere la via di accesso.


L’intervento

Per ottenere i migliori risultati l’intervento dovrebbe essere eseguito entro 2 settimane dal trauma.

In base alla tipologia della frattura il chirurgo sceglierà uno o più tra gli accessi chirurgici disponibili: l’accesso posteriore secondo Kocher-Langenbeck, la via Ileo-inguinale, la via anteriore di Smith-Petersen, l’accesso Flip trochanter secondo Ganz o la via Ileo-femorale estesa.

La tecnica chirurgica si chiama ORIF (open reduction and internal fixation).


Richiede una elevata specializzazione in questo tipo di chirurgia. La riduzione della frattura è generalmente complessa e richiede grande esperienza. Ridurre una frattura di acetabolo vuol dire provare a ripristinare una superficie di scorrimento quanto più possibile perfetta.

Placche e viti vengono presagomate e posizionate per mantenere ridotti i vari frammenti. Il materiale generalmente utilizzato è acciaio paramagnetico o titanio. Non causa reazioni allergiche.

L’intervento dura dalle 2 alle 8 ore. Spesso sono necessarie trasfusioni di sangue, ma solo in caso di necessità e dopo aver utilizzato il recupero di sangue intraoperatorio, una procedura che consente di reinfondere parte del sangue perso durante l’intervento. Nel postoperatorio viene eseguita adeguata profilassi antibiotica e antitromboembolica, secondo le vigenti linee guida.


Possibili complicanze peri-operatorie

Le complicanze riguardano infezioni, lesioni neurologiche, lesioni vascolari, necrosi asettica della testa del femore, ossificazioni etereotopiche.

Il “piede cadente” è il risultato della contusione del nervo sciatico dovuta al trauma o alla tecnica chirurgica. Avviene nel 9% dei casi di fratture posteriori. Spesso si risolve spontaneamente qualche mese dopo l’intervento.


Trattamento post-operatorio

In alcuni casi dopo l’intervento chirurgico, il paziente passa una notte in Terapia Intensiva. La fisioterapia viene iniziata il prima possibile, per migliorare l’articolarità e la forza muscolare, ed imparare ad utilizzare gli strumenti che serviranno nel periodo post-operatorio, come le stampelle o il deambulatore. Durante le prime 3 settimane il carico deve essere vietato o sfiorante, fino ad arrivare a 15 Kg ad 8 settimane. Caricare precocemente sull’arto operato può causare rotture dei mezzi di sintesi o scomposizioni secondarie, vanificando lo stesso trattamento chirurgico. Anche una riabilitazione troppo vigorosa può causare il fallimento del trattamento. In caso di scomposizione secondaria è necessario un nuovo trattamento chirurgico con ridotte possibilità di successo.


Dopo la dimissione

Il paziente viene dimesso dall’ospedale da 7 a 10 giorni dopo l’intervento. Alla dimissione viene prescritta la terapia del dolore, la profilassi anti-tromboembolica, antibiotica e la profilassi per le ossificazioni eterotopiche ed il trattamento riabilitativo. Il carico (appoggiare il piede per terra) viene concesso dalle 6 alle 8 settimane dopo l’intervento.

Dolore e fastidi sono normali dopo la dimissione, anche in considerazione del trauma fisico dovuto all’intervento e prima all’incidente. Ipoestesia e disestesie intorno la cicatrice chirurgica sono altresì normali, come la sensazione di rumori o scatti articolari. Comunque pazienti che presentano dolori consistenti o qualsiasi tipo di discromie devono farlo immediatamente presente al proprio curante.


Consigli utili


Prova a muovere continuamente la gamba e la coscia, il prima possibile dopo l’intervento, per prevenire rigidità

Utilizza un cuscino se hai difficoltà  nell’assumere la posizione seduta

Quando sei a letto, utilizza un cuscino sotto le ginocchia se sei supino, o tra le gambe le sei su un fianco

Mantieni la tua attività  il più possibile normale, con le limitazioni di carico e dolore

Spesso i pazienti dopo un trauma importante possono sentirsi depressi. È importante chiedere aiuto a parenti ed amici, e spesso un supporto psicologico può essere risolutivo. In aggiunta possono essere forniti, su richiesta, nomi e numeri di telefono di persone che hanno affrontato un percorso simile. Se viene seguito un adeguato piano di riabilitazione normalmente a 6 mesi dopo l’intervento si ha un recupero dell’80% delle funzioni, e completo ad 1 anno. Le visite di controllo e gli esami radiografici sono assolutamente necessarie per la prescrizione delle future terapie ed il monitoraggio del trattamento.


Possibili complicanze future

Le complicanze tardive associate alle fratture acetabolari possono includere artrosi post-traumatica, ossificazioni eterotopiche e necrosi avascolare della testa del femore.

L’artroprotesi totale di anca, un intervento durante il quale l’articolazione dell’anca viene sostituita con una artificiale, viene spesso utilizzata per trattare le complicanze tardive. È una procedura efficace, e sicura nel paziente anziano. Nel giovane, vista la durata limitata degli impianti, approssimativamente 15 anni circa, è preferibile attendere il più possibile.


Per prevenire e trattare ogni possibile complicanza i pazienti si devono scrupolosamente attenere alle visite di controllo.

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Dott. Mario Arduini

Chirurgo Ortopedico

Il Dr. Mario Arduini è un Chirurgo Ortopedico esperto in Chirurgia dell'anca e del bacino.

Primario del reparto di Ortopedia dell’Ospedale Sant’Eugenio di Roma.

Esegue la libera attività presso la Casa di Cura Ars Biomedica a Roma e presso lo studio Medico Pasteur in viale Pasteur, 66.

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Ospedale Sant’Eugenio

Piazzale dell’Umanesimo, 10

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Viale Pasteur, 66

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Il titolare è:


Dr. Mario Arduini

Laurea 2002 Università Cattolica (ROMA)

Abilitazione I/2003

Specializzazione Ortopedia e Traum. 2007

N° OdM 52551 Roma

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